mercoledì 22 febbraio 2017

SULLA RIVA ALTA DEL FIUME FORTORE

Cari Amici,

dopo le nerbate di questo lungo e a tratti tragico inverno, un po' di sole sta facendo capolino fra le nubi per offrirci un assaggio di primavera. La campagna non è ancora in fiore, ma più di qualcosa fa intuire che oramai dovremmo essere quasi fuori dal tunnel del gelo e che una nuova stagione ci stia venendo incontro con tutto il suo carico di dolcezza. A febbraio, in una domenica mattina dal cielo sereno, si può pensare di vedere cose mai viste in quarant'anni di vita e io, proprio tre giorni fa, lo pensai e partii per l'Abbazia di Ripalta, sulla riva più alta del fiume Fortore, in territorio di Lesina, provincia di Foggia.
Ripalta
Il luogo è il classico dietro l'angolo, così ovvio e "scontato" che tutto quello che conosci è il suo nome. Ci sono una chiesa, un gruppo di case, un edificio a due livelli d'epoca mussoliniana (sede dell'ex Consorzio Agrario) e un piccolo hotel. Sembra poco ma è quanto basta per progettare una fuga.
Ripalta
Ripalta nasce nell'alto medioevo e diventa, nel corso della sua storia, una realtà piuttosto articolata. Un antico monastero benedettino dedicato alla Madonna viene trasformato, nel giro di mezzo secolo, in una città-abbazia governata dai monaci Cistercensi giunti qui attorno al 1201 da Casanova d'Abruzzo. All'epoca il monastero faceva riferimento alla diocesi di Civita (l'attuale San Paolo di Civitate) e i Cistercensi adattarono la struttura a quelli che erano i dettami dell'abate Bernard de Clairvaux, in italiano Bernardo di Chiaravalle. Questi, avendo in odio gli sfarzi ecclesiali, si fece ambasciatore di un modello più rigoroso: i monaci non dovevano solo pregare, intonare canti sacri e produrre manoscritti, ma anche guadagnarsi la pagnotta lavorando la terra.
RipaltaRipalta
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Nel 1255 la situazione finanziaria dell'Abbazia fu tale da poter permettere la fondazione della grancia. In francese "grancia" indicava il granaio, un deposito di prodotti agricoli e, in senso lato, l'azienda agricola. La grancia cistercense era una fattoria annessa all'abbazia o comunque sotto la sua diretta dipendenza. Al suo interno i monaci si occupavano prevalentemente di agricoltura, allevamento e convogliamento delle acque.
Ripalta
Un converso, il magister granciae, coordinava la manovalanza agricola costituita da collaboratori che vivevano nelle vicinanze e da braccianti salariati ai quali veniva assicurata l'ospitalità. Ripalta era nota nei dintorni come la "masseria-abbazia" anche per il fatto di essere situata sul Tratturo Magno L'Aquila-Foggia, percorso da pastori e greggi transumanti.
RipaltaRipalta
Nel 1627, dopo appena cinquant'anni dal suo passaggio alla diocesi di San Severo, il terribile sisma che colpì tutto il promontorio del Gargano distrusse parzialmente la chiesa, ricostruita dai Celestini agli inizi del Settecento. Quando, nel 1806, le leggi eversive della feudalità soppressero gli ordini religiosi, Gioacchino Murat donò Ripalta al Ministro di Polizia che a sua volta la cedette alle sue figlie. Oggi essa appartiene agli eredi della famiglia Galante di Napoli. 
Ripalta
Tutto ciò che resta del nucleo originario di Ripalta è la chiesetta gotica di Santa Maria. La si può visitare solo durante la messa della domenica mattina, entrando da un portale piuttosto modesto all'interno di un cortile ristrutturato. L'aspetto è assai austero, a cominciare dal pavimento di mattoni e dalle pareti spoglie, fatta eccezione per qualche tela annerita dal tempo. La pianta doveva essere probabilmente a croce latina, con tre navate di cinque campate. Adesso sono visibili il transetto e l'abside. Dall'altare maggiore la Madonna col Bambino tra Santa Rita e un Santo non identificato sembra guardare i fedeli con un'espressione un po' annoiata.
Ripalta
RipaltaRipalta
Di straordinaria bellezza sono il rosone e le monofore sulla facciata esterna absidale, purtroppo seminascosti dalla vegetazione. Se per caso dovesse venirvi in mente di scavalcare il cancelletto della recinzione per ammirarli da vicino, non fatelo: i cinque o sei abitanti di Ripalta con la loro nutrita schiera di simpatici cagnoni fungono molto bene da sistema di sicurezza e potreste avere la peggio.
Ripalta
A parte la comunicazione di servizio però, questo gioiellino della Puglia sacra appare troppo dimenticato e se da una parte l'oblio ne garantisce la pace e la tranquillità, dall'altra potrebbe significarne l'irrimediabile perdita. Come al solito la domanda è: ci conviene?

2 commenti:

  1. Veramente un bellissimo é curioso articolo. Ho sempre voluto sapere la storia di questo "paesino" chiamato Ripalta. Grazie delle informazioni.
    Vittorio

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  2. Veramente è stata una scoperta anche per me, specialmente per quanto riguarda la chiesetta e la sua storia. Sarebbe interessante consultare qualche fonte originale che parla dell'abbazia e dei suoi possedimenti.

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